fonte: Davide Rufino

 

MEDUSE DEL NOSTRO MARE

PREMESSA

Per “meduse” si intendono le specie appartenenti alla classe degli scifozoi (Scyphozoa), ben diversa dalla classe degli idrozoi (Hydrozoa), che comprende la famigerata caravella portoghese (Physalia physalis) e la barchetta di San Pietro (Velella velella). Le meduse propriamente dette c’entrano ben poco anche con le cosiddette “cubomeduse” (classe Cubozoa), classe di cui fanno parte la mediterranea Carybdea marsupialis e la temibile vespa di mare (Chironex fleckeri), quest’ultima fortunatamente relegata alla zona indo-pacifica e assente nel Mediterraneo.

Nel Mediterraneo sono presenti diverse specie di meduse, ma sarebbe opportuno fare chiarezza sulle quattro specie più comuni. Ma prima, un paio di chiarimenti:
– Sulle meduse si tende spesso a fare ecoterrorismo, ma nel Mediterraneo solo una specie (Pelagia noctiluca) è fortemente urticante e potenzialmente pericolosa.
– Tirare fuori le meduse dall’acqua è una pratica inutile, poichè non sarà certo una medusa in meno a fare la differenza. Ricordiamoci inoltre che il mare è la loro casa, e la nostra tendenza antropocentrica a togliere di mezzo ogni forma di vita che può rappresentare un disturbo è concettualmente sbagliata.
– Si usa dire che le meduse siano indice di mare pulito, ma non è sempre vero: alcune specie sono abbondanti anche in acque inquinate. Non esistono prove definitive che le meduse vivano meglio in acque inquinate, in ogni caso utilizzarle come bioindicatori è sbagliato.
– La scienza non ha ancora spiegato definitivamente la recente abbondanza di meduse, per cui non sappiamo se sia un’anomalia o se queste creature vadano incontro a normali cicli di abbondanza. Di sicuro, la pesca eccessiva e la diminuzione di specie antagoniste o dei predatori delle meduse (grandi pesci pelagici, tartarughe) ha favorito queste ultime, che hanno meno competitori/predatori e più spazio dove prosperare.

Passiamo alle quattro specie più comuni del Mediterraneo:

AURELIA AURITA – Detta comunemente “medusa quadrifoglio” a causa della forma particolare delle gonadi, visibili dall’esterno, si tratta di una medusa dalla forma perfettamente circolare e prevalentemente trasparente, con sfumature bianco-azzurrognole. Gli esemplari più anziani presentano alcuni tentacoli che si dipartono inferiormente, dal centro e possono presentare un diametro superiore ai 30 cm. Presente in tutti i mari e gli oceani temperati del mondo, nel Mediterraneo non è comunissima ma può essere rinvenuta in gruppi anche piuttosto numerosi sottocosta. I sottili tentacoli che ornano il bordo dell’ombrella sono solo leggermente urticanti.

RHIZOSTOMA PULMO – Viene chiamata comunemente “polmone di mare” per i movimenti pulsanti e intensi dell’ombrella durante il nuoto. Potendo raggiungere e superare i 50 cm di diametro, i 6-7 kg di peso e una lunghezza vicina al metro, è la specie di scifomedusa autoctona più grande del Mediterraneo. Presenta tentacoli corposi, arricciati, e un colore azzurro intenso con bordo dell’ombrella violaceo. Gli effetti del veleno sull’uomo sono praticamente nulli, per cui si tratta di una specie non pericolosa nonostante l’aspetto vistoso e le dimensioni notevoli. Può essere rinvenuta nel Mediterrano (dove è molto comune), nel Mar Nero e nella porzione orientale dell’Oceano Atlantico.

COTYLORHIZA TUBERCULATA – Inconfondibile per il colore giallognolo e per la forma schiacciata, coi tentacoli spugnosi e fittamente colorati di viola e bianco, questa medusa è diffusa quasi esclusivamente nel Mediterraneo. Estremamente comune al sud Italia e nell’Adriatico, supera raramente i 20 cm di diametro. Come nel caso di Rhizostoma pulmo, è poco urticante e non rappresenta assolutamente una minaccia.

PELAGIA NOCTILUCA – Detta anche “medusa luminosa” a causa della sua bioluminescenza notturna, è di dimensioni modeste: supera raramente i 10 cm di diametro ed è prevalentemente trasparente, con una fitta macchiettatura bruno-rossiccia. Gli esemplari più anziani presentano le gonadi di color rosa acceso, ben visibili dall’esterno. Pelagia noctiluca è estremamente comune e abbondante, anche se talvolta é difficile da vedere a causa della sua semi-trasparenza, e spesso raggiunge le coste in gran numero: si tratta di veri e propri “bloom”, grandi gruppi di giovani meduse (nell’ordine di diverse migliaia) che assumono un carattere invasivo e infestante. Presente nel Mediterraneo e nella porzione orientale dell’Atlantico, è la specie nostrana più urticante: il suo veleno causa forte bruciore e dolorose irritazioni, dall’aspetto e dagli effetti di un’ustione.

CONDIVIDETE: è bene conoscere il nostro mare e le sue creature.

Genova 9 Febbraio 2019

Tutti i soci sono invitati a partecipare all’Assemblea Ordinaria che si terrà il giorno 24 Febbraio ore 16 presso la sede operativa. Ricordiamo che è raccomandata la massima presenza e che ogni socio può portare al massimo una delega di un altro socio. Per ulteriori info fare riferimento alle comunicazioni individuali e alla convocazione pubblicata in sede operativa.

Cliccando QUI potrete scaricare il PDF con la convocazione. In calce troverete il modulo con la delega da consegnare ad un socio in caso di vostra impossibilita’ a partecipare

Grazie.
Il Consiglio Direttivo

Ciao Friends.

Abbiamo pensato di portare la vostra attenzione su un altro interessante articolo pubblicato sull’Alert divers del DAN.

Pensiamo che sia un argomento interessante che puo portare a diverse riflessioni. Riflessioni che non sono di poco peso, soprattutto quando queste possono portarci a fare delle valutazioni piu attente per fare in modo che non si pensi esclusivamente al divertimento ( che senza dubbio e’ importante ), ma si ponga un occhio di riguardo anche alla sicurezza, aspetto dal quale la nostra attenzione non deve MAI essere distolta!

Buona lettura!

 

 

Rischi e Pericoli nella Subacquea: Percezione e Realtà

Nonostante le agenzie didattiche subacquee abbiano protocolli di consapevolezza del rischio per ridurre i rischi associati alla subacquea ricreativa, gli incidenti continuano a verificarsi. Di recente, ricercatori e partner del DAN hanno condotto uno studio per verificare la necessità di promuovere ulteriori campagne o programmi di formazione al fine di aumentare la sicurezza subacquea. Piuttosto che concentrarsi sui rischi reali, gli autori hanno studiato i rischi percepiti associati alla subacquea. I risultati dello studio sono stati pubblicati su “Frontiers of Psychology”, a marzo 2018.

Lo studio ha indagato la percezione della sicurezza subacquea sia dal punto di vista del subacqueo, che dal punto di vista degli operatori subacquei. Lo studio mirava a cercare specificatamente le lacune tra i due punti di vista. Inoltre, lo studio ha proposto programmi di sicurezza o sessioni di formazione aggiuntive in linea con le percezioni riportate.

La raccolta dati è stata effettuata attraverso l’utilizzo di questionari completati da 3.766 subacquei in Europa e 91 operatori subacquei in Italia. I sondaggi hanno posto domande riguardanti aspetti legati alla sicurezza che sono importanti per un centro immersioni (es. esperienza del personale, assicurazione del centro immersioni, qualità delle attrezzature noleggiate), fattori che influenzano la scelta del compagno in immersione (es. livello di certificazione, età, esperienza, forma fisica), l’importanza di vari tipi di attrezzature (es. coltello, computer subacqueo, torcia) e incidenti percepiti come un rischio per i subacquei (es. cambiamenti nelle condizioni meteo, guasti alle apparecchiature, avvelenamento da gas, annegamento).

I dati indicavano che i subacquei e gli operatori subacquei consideravano importante la sicurezza, ma entrambe le percezioni sottovalutavano alcuni rischi. La conclusione principale dello studio è che alcuni dei rischi più importanti che non sono del tutto presi in considerazione, sia dai negozi subacquei, che dai subacquei o da entrambi, devono rimanere impressi ai subacquei e / o ai negozi subacquei durante la loro formazione o durante campagne specifiche.

Dopo aver analizzato i dati di questo studio, gli autori hanno suggerito due programmi, per contribuire a fornire una cultura della sicurezza tra i subacquei e i centri immersioni. Il primo è l’Hazard Identification and Risk Assessment (HIRA), un’iniziativa DAN per fornire agli operatori subacquei le conoscenze necessarie per ridurre i rischi per la loro azienda. Il secondo è il Diving Safety Officer (DSO), un programma per addestrare le persone a supervisionare adeguatamente HIRA.

L’attrezzatura più votata dai centri immersione e dai subacquei è stata il computer subacqueo.

I ricercatori hanno trovato somiglianze tra i due punti di vista analizzati. Ad esempio, sia il centro immersioni che il subacqueo ritenevano che la vicinanza ad una camera iperbarica fosse di scarsa importanza quando si valutano gli aspetti di sicurezza offerti da un centro immersioni. Riguardo la scelta del compagno in immersione, sia i centri immersione che i subacquei ritenevano che sesso, età e membri della famiglia avessero un’importanza minima. L’attrezzatura più votata dai centri immersione e dai subacquei è stata il computer subacqueo. Gli autori hanno concluso che i programmi di formazione fossero strettamente correlati a queste percezioni condivise. Ad esempio, l’addestramento subacqueo dovrebbe fornire più informazioni sull’utilizzo generico del computer subacqueo.

Sono state osservate alcune discrepanze interessanti tra i due punti di vista. I centri immersione affermavano che quanto suggerito dagli istruttori subacquei dovrebbe essere il fattore più influente nel trovare il compagno di immersione più adatto sulla barca. I singoli subacquei, tuttavia, non hanno considerato il suggerimento dell’istruttore come influente rispetto ad altri fattori. I centri immersione concordavano nel dire che i rischi più fortemente percepiti nella subacquea sono la malattia da decompressione, l’annegamento e gli incidenti in barca: questi sono stati anche i principali incidenti testimoniati dai centri di immersione. Mentre i subacquei concordavano sul fatto che la malattia da decompressione fosse ad alto rischio, erano anche molto preoccupati per il malfunzionamento delle attrezzature. I sub erano meno preoccupati per la vita marina e per l’annegamento. La percezione condivisa riguardo alla malattia da decompressione ha portato gli autori a suggerire la necessità di campagne di sicurezza focalizzate sulla malattia da decompressione. Gli autori hanno inoltre consigliato corsi focalizzati sulla vita marina potenzialmente pericolosa e su come trattare le lesioni. Una delle discrepanze più importanti segnalate è stata che il numero di incidenti a cui i subacquei avevano assistito era molto più alto degli incidenti segnalati. Gli autori sottolineano l’importanza di incoraggiare i centri immersione a segnalare gli incidenti.

Un aspetto interessante di questo studio è il fatto che la maggior parte dei partecipanti, tutti volontari, sono sub esperti. Questo potrebbe aver influenzato i risultati; con l’esperienza, i subacquei hanno assistito a più incidenti e possono quindi correre meno rischi. Gli autori hanno concluso che potrebbe essere utile trasmettere agli allievi che stanno imparando ad immergersi l’importanza della ricerca nell’ottica di aumentare sempre di più la sicurezza di questo sport. I dati potrebbero essere più significativi se i sondaggi ricevessero risposta da subacquei di vari livelli di esperienza.

Mentre i subacquei concordavano sul fatto che la malattia da decompressione fosse ad alto rischio, erano anche molto preoccupati per il malfunzionamento delle attrezzature.

Sebbene questo sia uno dei primi studi sui comportamenti e percezioni dei rischi nella subacquea, i risultati dimostrano che queste informazioni possono essere utili per rendere le immersioni ricreative il più possibile sicure per tutti i partecipanti.


APPROFONDIMENTO

Questo studio è stato finanziato dal Progetto RISE Green Bubbles, H2020-MSCA-RISE-2014. Il progetto ha ricevuto finanziamenti dal programma di sviluppo e innovazione dell’Unione Europea H2020 attraverso il contratto No 643712 delle azioni Marie Sklodowska-Curie. Questo articolo riflette solo il punto di vista degli autori. L’Agenzia Esecutiva per la Ricerca non è responsabile per qualsiasi uso che possa essere fatto delle informazioni ivi contenute.


REFERENZE

Safety Priorities and Underestimations in Recreational Scuba Diving Operations: A European Study Supporting the Implementation of New Risk Management Programmes.” Frontiers in Psychology 9 (2018): 383.

Serena Lucrezi1, Salih Murat Egi2,3, Massimo Pieri2, Francois Burman4,5, Tamer Ozyigit3, Danilo Cialoni2, Guy Thomas2, Alessandro Marroni2 and Melville Saayman1

1Tourism Research in Economics, Environs and Society, Università del Nord-Ovest, Potchefstroom, Sud Africa, 2Divisione Research di DAN Europe, DAN Europe Foundation, Roseto degli Abruzzi, Italia, 3Dipartimento di Ingegneria Informatica, Università di Galatasaray, Istanbul, Turchia, 4DAN Sud Africa, Midrand, Sud Africa, 5DAN USA, Durham, NC, Stati Uniti.

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